Cosa succede in città? Stuttgart21 e il centro Oli.

Questa sera volevo accennarvi ad una sollevazione popolare nella quale mi sono trovato, mio malgrado, coinvolto durante questi giorni a Stuttgart: si tratta del progetto chiamato Stuttgart 21 e riguarda il possibile ampliamento della stazione centrale (Hauptbahnhof) di Stuttgart e la trasformazione di tutta l'area circostante in una zona commerciale. Chiaramente questa nuova stazione è stata progettata secondo canoni avvenieristici e usufruirebbe di un livello di tecnologia e di una combinazione spazio/praticabilità/usabilità mai visti prima in Europa (consiglio di visualizzare la pagina del progetto: qui). Tuttavia, come ogni "grande opera", anche la Stuttgart21 ha i suoi difetti: per realizzarla è necessario abbattere la vecchia stazione, a cui gli abitanti di Stuttgart sono legati, ma soprattutto dovrà essere cementificata buona parte del grande parco al centro della città, con alberi abbattuti e buon parte di verde - che in Germania non manca di certo - distrutta per far spazio a boutique e strutture in acciaio; altro inconveniente, non da poco, è l'enorme costo dell'opera. Così da qualche tempo si è formato un comitato spontaneo di cittadini contro questo "colpo di testa" dell'attuale amministrazione del Baden Württemberg, un folto gruppo di protesta che si riunisce tutti i giorni al parco dalle 18 alle 19 e organizza cortei e iniziative per far sentire la voce "del popolo". Non intendo discutere oltre del progetto anche perchè non avrei nè i mezzi nè le capacità da architetto per entrare nel merito della questione, ma vorrei provare a riportare questa protesta ad un profilo più nostrano, provando a riflettere sulla lontananza o sulla vicinanza del popolo tedesco dal nostro. Tuttavia ad onor del vero, pur lasciando la questione nel complesso ingiudicata, devo riconoscere qualche punticino a favore dell'iniziativa e non tanto perchè - com'è noto - spesso la prima reazione dei cittadini è meramente conservatrice, a volte in modo del tutto deleterio, ma perchè alcune argomentazioni contro il progetto non reggono proprio; la prima di queste è quella che si richiama all'utilizzo copioso di denaro pubblico: siamo nella regione più ricca d'Europa e i finanziamenti proverrebbero in gran parte dallo stato centrale e dalla Comunità europea, senza contare l'apporto dei privati. Insomma, non credo che gli svevi debbano avere preoccupazioni di questo tipo. Le altre, invece, sono motivazioni importanti che richiamano una visione delle cose più amplia: l'innovazione a tutti i costi oppure la salvaguardia dell'ambiente e dei simboli di una città?

In effetti questo bivio suona familiare a noi ortonesi che qualche tempo fa abbiamo assistito/condiviso/combattutto per/contro l'insediamento del Centro Oli nelle nostre zone. Chiaramente le situazioni sono molto diverse, sia per l'evidente squilibrio tra benefici/danni, sia per la tipologia di investimenti: nel caso di Stuttgart è un qualcosa più "umano", ovvero ha a che fare con l'idea di città che i cittadini hanno e vogliono esprimere; nel caso del centro oli, probabilmente, si trattava solo di uno sfruttamente del territorio senza adeguati (ammesso che vi possano essere) "pesi" da far bilanciare con l'inquinamento, la distruzione del settore agricolo, la trasformazione dei territori etc. etc. Insomma, a cosa voglio far riferimento? Voglio dire che probabilmente il mondo tedesco (e forse più in generale quello europeo) vive delle stesse pulsioni e si pone le stesse questioni del nostro piccolo Abruzzo, affrontando le stesse scelte, gli stessi bivi, le stesse aporie da attraversare grazie ad una decisione il più possibile saggia e nei tempi adeguati. Allora Stuttgart non è lontana dalla Provincia di Chieti e dalle manifestazioni lungo il corso di Ortona o di Pescara; non è lontana dai nostri dubbi perchè, probabilmente, siamo noi ad esserci avvicinati all'Europa. In un mondo in cui le barriere culturali esistono sempre meno, dobbiamo saper ragionare proporzionando il piccolo al medio, il medio al grande, ma cercando di capire quale metro di misura dover utilizzare; e in questo caso è il dubbio tra un futuro tecnologico, dove soldi e praticità faranno da pardone, contro un mondo verde e dai toni un po' spenti, con lo sguardo rivolto al passato. Non emetto sentenze, non voglio giudizi di valore su questo bivio: cerco solo di girarci intorno per saperne, prima o poi, decidere la direzione di taglio.

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