Il pericolo cristianista? Una lettura di Franco Cardini

Non si può negare che negli ambienti più accorti della destra europea la follia omicidia di Anders Behring Breivik sia stata notata come un campanello importante: essa rappresenta la realtà di ciò che fino a ieri restava solo un "possibile slittamento" delle buone intenzioni - che pure non possiamo esimerci dal concedere a chiunque esprima una qualche forma (quantomeno) di progetto politico - di una certa politica neocons in zone oscure, tagliate dalla nera morte della lama affilata di qualche nuovo "templare" che ha letto male il Parsifal o il ciclo di re Artù. Tralasciando poi il consueto teatrino, per cui la notizia viene sfruttata da una parte e dell'altra della politica nostrana per tirare acqua ai propri piccoli mulinelli; nonchè - s'intende - si dimentichino i riferimenti alle tante sparate pittoresche, a Mario Borghezio e a quant'altro può offrirci il bestiario italico. Tralasciamo anche la maggior parte dei quotidiani italiani, che non hanno offerto poi molto, forse ad esclusione di qualche curioso spunto di Vittorio Feltri che, tra l'altro, ho provato ad arricchire qualche giorno fa grazie al dissacrante paragone con Dietrich Boenhoeffer (qui). Proviamo dunque a capire cosa sta accadendo affidandoci anzitutto a qualche intellettuale italiano. Franco Cardini, ad esempio, interviene più volte sul suo blog sostenendo una tesi che per il sottoscritto, spesso in linea con alcune posizioni cristianiste e teapartygine, suona davvero male. Cardini (in qualche modo in accordo con quanto sostenuto da Borghezio, seppur con tutt'altro giudizio) ritiene che le posizioni di Breivik siano facilmente iscrivibili nella galassia del "cristianismo", così come sono state etichettate, con intento spregiativo, le posizioni neocons:
Tesi del genere - scrive Cardini - si sono affermate da tempo anche da noi: e sono state fatte proprie, in modo talvolta apparentemente anche meno grossolano, da gruppi vicini alle tesi neoconservatives e teoconservatives che si dicono “cristianisti”, dispongono di riviste e di siti on line e si fanno paladini di un cattolicesimo a parole rigoroso sotto il profilo del rispetto della tradizione, dell’ortodossia dogmatica e della correttezza liturgica (con una sintomatica insistenza sulla critica di quello ch’essi definiscono “il relativismo” e una tendenza a condannare le prospettive del Concilio Vaticano II), ma dal quale appare assente qualunque tensione solidaristica e sociale. Da questo “cattolicesimo” appare altresi scomparsa qualunque critica nei confronti degli sviluppi “turbo capitalistici” della finanza e dell’economia, in una direzione che appare largamente ispirata al libertarianism statunitense e nella quel sembra molto forte il richiamo positivo, d’origine calvinista, al profitto e all’arricchimento come valori indiscriminatamente positivi. In altri termini, questi “cristianisti” – non diversamente dai loro amici e sodali, gli “atei devoti” – tendono a cancellare qualunque critica alla “secolarizzazione della società”, cioe alla rivoluzione individualistica dalla quale, tra Quattro e Settecento, è scaturita la civilta occidentale moderna, quella che ha preteso di poter vivere etsi Deus non daretur.

La tentazione è quella di respingere in toto l'accusa, troppo diretta e troppo semplice, per quanto scorra liscia come l'olio; d'altronde, forse, lo stesso Cardini potrebbe essere inscritto nella lunga schiera di chi non ha perso tempo per tornare a far fuoco sul proprio nemico di sempre. Tuttavia mi pare che la lettura di Cardini potrebbe offrirci qualche spunto di riflessione in più sul "come" e sul "se" l'intellighentia europea stia rimodellando, correggendo e adattando alla nostra tradizione il famoso saggio di Huntington (1996) che è considerato l'avvio dell'ideologia cristianista o degli "atei devoti", nella sua versione più francese. Ecco, in tal senso non va neanche dimenticata l'elaborazione francese, che conferma altra ricchezza di lettura, e poi non si confonda tutto quel mondo con quei (pochi) intellettuali cristianisti italiani, dalla Oriana Fallaci a Giuliano Ferrara, che hanno tentato o stanno cercando di rinvigorire le posizioni di Huntington tramite colonne di giornali, testi e conferenze pubbliche. Certo, con spirito di moderazione verrebbe molto da dire per riequilibrare le posizioni e così, magari, respingere le accuse del Cardini; ad esempio, basterebbe limitarsi a far notare come, tra le altre, le Crociate, ossia la prima grande organizzazione violenta ispirata con autorevolezza ad una istituzione cristiana, per quanto particolare e irriducibili a facili categorie storiografiche, siano "nate prima" del "cristianismo": forse, dunque, sembra perlomeno di difficile credibilità questa facile attribuzione dell'origine della semenza del diavolo come ad una qualche invasione "barbarica" esterna al cristianesimo cattolicamente inteso - perchè i suddetti protestantesimo nordico e capitolismo-calvinismo non lo sono affatto. Ma non sono qui a trattare dei cristianisti nè a difenderli; vorrei piuttosto invitare tutti loro a considerare attentamente questa lettura dei fatti, a porsi le questioni  adatte, ben consci che la cattiva interpretazione e la follia di "uno" non siano significative della presunta malvagità di una visione che in "molti", oggi, considerano imprescindibile per un futuro migliore

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