Massimo Cacciari: "L'ora di religione è talmente fondamentale che dovrebbe essere obbligatoria"

Diffondo un'intervista a Massimo Cacciari pubblicata circa tre anni fa, il 13 agosto del '09, che torna oggi di stringente attualità con le dichiarazioni del Ministro Profumo, che si è proposto di "rivedere" l'ora di insegnamento della religione cattolica nelle scuole. Su questo piano mi pare di capire che la battaglia per la valorizzazione della nostra tradizione debba configurarsi anzitutto come culturale e poi affidata alla politica. A tal proposito rinvio anche ad un mio vecchio articolo, anch'esso datato '09, sul crocifisso nelle scuole e l'uguaglianza delle religioni.


Cacciari: «La nostra tradizione religiosa insegnata obbligatoriamente a scuola. Non solo, la teologia dovrebbe essere presente in tutti i corsi universitari di filosofia».

Il motivo di tanta perentorietà?

Siamo in presenza di un analfabetismo di massa in campo religioso.

Dunque lei è per l’obbligatorietà dell’insegnamento, senza se e senza ma.

Non lo dico da oggi: sarebbe civile che in questo Paese si insegnassero nelle scuole i fondamenti elementari della nostra tradizione religiosa. Sarebbe assolutamente necessario battersi perché ci fosse un insegnamento serio di storia della nostra tradizione religiosa. Lo stesso vale per le università; sarebbe ora che fosse permesso lo studio della teologia nei corsi normali di filosofia, esattamente come avviene in Germania.

La religione, dunque, alla pari della lingua italiana o della matematica. Non può essere un optional…

Macché optional. Per me è fondamentale il fatto che non si può essere analfabeti in materia della propria tradizione religiosa. È una questione di cultura, di civiltà. Non si può non sapere cos’è il giudaismo, l’ebraismo, non si può ignorare chi erano Abramo, Isacco e Giacobbe. Bisogna conoscerne la storia della religione, almeno della nostra tradizione religiosa, esattamente com’è conosciuta la storia della filosofia e della letteratura italiana. Ne va dell’educazione, della maturazione anche antropologica dei ragazzi. È assolutamente indecente che un giovane esca dalla maturità sapendo magari malamente chi è Manzoni, chi è Platone e non chi è Gesù Cristo. Si tratta di analfabetismo. La scuola deve alfabetizzare. Quando i ragazzi vanno in giro a fare i turisti vedono delle chiese e dei quadri con immagini sacre. Ma cosa vedono, cosa capiscono? Spesso riconoscono a malapena Gesù Bambino. Non sanno nulla delle nostre tradizioni. La religione è un linguaggio fondamentale. Come la musica.

Perché non pensare ad un insegnamento, più democratico, di Storia delle religioni?

Non ha nessun senso insegnare Storia delle religioni. Così come si insegna Storia della letteratura italiana e non storia delle letterature mondiali, storia dell' arte italiana e non storia dell' arte cinese, non vedo la necessità di insegnare il buddismo zen o la religione degli aztechi. Chi suggerisce di studiare tutte le storie delle religioni finisce per volere, in pratica, che non se ne studi nessuna. È necessario, invece, sapere bene almeno cosa dicono le grandi tradizioni monoteistiche.

A suo avviso non è sufficiente l’insegnamento che oggi viene assicurato?

No. Sappiamo benissimo che ora l’ora di religione non conta come dovrebbe contare, viene presa sottogamba.

Invece?

Vorrei che fosse una materia in cui si studiasse veramente la Bibbia, prendiamo in mano il Vangelo e approfondiamolo come facciamo con l’italiano piuttosto che con la filosofia o il greco o, ancora, il latino.

In cattedra, per l’insegnamento della religione cattolica, non può sedersi chiunque.

Certo, ma con il concorso pubblico, che auspicherei anche per l’insegnamento di questa materia, la Chiesa non correrebbe nessun rischio, perché l’insegnante sarebbe sempre una persona motivata, appassionata, che sente una vocazione per queste materie. Lo dico perché vorrei una Chiesa che si ponesse di fronte allo Stato e dicesse: ‘Ma non è indecente che nelle nostre scuole non ci sia la religione cattolica? È una materia importante al pari dell’italiano, della storia, dell’arte e della filosofia. Non è indecente che un ragazzo possa uscire dal liceo senza sapere cos’è il Vangelo? E all’università non si dovrebbe poter studiare teologia in modo da poter formare anche un corpo docente in grado di poter insegnare alle scuole medie professionalmente?’. La Chiesa dovrebbe liberarsi delle sue paure. E battersi perché nella scuola pubblica venga insegnata religione da docenti come gli altri. Chi vuole che vada a insegnare religione, se non una persona particolarmente motivata a questo tipo di studi? Di cosa hanno paura? Che vada il matematico Piergiorgio Odifreddi?

Commenti

Vincenzo Qoelet ha detto…
Il problema che si pone è però sempre questo: il nostro studio è finalizzato alla ricerca della verità?

Se la riposta è sì, non può essere neutrale, NEANCHE in campo religioso, ma al contrario a stabilire, anche tramite la dialettica e la ricerca dei fatti storici, dove sta il vero e dove il falso.

Se la risposta è no, in ogni caso però si giungerà ad affermare delle verità, ma in modo più arbitrario che non partendo con l'intenzione di doverle stabilire.

Soprattutto in ambito religioso secondo la cultura attuale questo non si può fare. In realtà nella cultura post-moderna si abdica al dovere di ricercare la verità non soltanto in campo religioso, ma anche in tutti gli altri. La verità è allora sostituita dall'opinione più moderata, dalla sintesi, da quella che turba meno le coscienze e che è utile a raggiungere il consenso democratico.

In questo clima complessivo, il concetto di "storia delle religioni" fa la pari con quello di "storia della filosofia", laddove l'impostazione è chiaramente relativista, indifferentista, utile a dimostrare che la verità è un prodotto del potere, un prodotto dunque storicamente determinato, che non ha dunque aderenza con la realtà e con l'essenza della vita umana. Quale scopo si pone infatti spesso lo studio oggi, anche quello della filosofia, se non quello del mero apprendimento di nozioni che dovrebbero permettere di trovare un lavoro o di dimostrare un'ampia "cultura generale".

Per questo motivo è meglio mantenere l'insegnamento confessionale della religione e potenziarlo, rendendolo molto più apologetico (in termini filosofici e storici) e collegandolo più strettamente, almeno nei licei, con quello della filosofia. Un insegnamento che potrebbe avere il risultato di presentare una visione del mondo e della storia alternativa a quella egemone della sinistra.
Marco Di Sciullo ha detto…
D'accordissimo con il Prof. Cacciari . In quanto alla conclusione del post del signor Vincenzo devo confessare di non averne capito il senso. Come parimenti non ho afferrato la domanda iniziale . Non credo che lo studio abbia la finalità della ricerca della verità...lo studio, per me, è finalizzato alla conoscenza. Che poi c'è qualcuno che possa pensare che ciò che, attraverso lo studio, si conosca e sia , in assoluto, "la verità" allora, io affermo,che questo qualcuno avrà, di sicuro, sprecato il proprio tempo a studiare . Forse nemmeno il concetto di "verità relativa" può essere invocato parlando di "finalità dello studio" proprio perchè la "verità relativa" è tale se la si può confrontare con un dato immutabie...assoluto.. "la verità assoluta". Ma ha senso parlare di VERITA'? Ha senso , per noi esseri finiti, avventurarsi su di un sentiero che parte dal nostro cervello e si perde nelle infinite strade della nostra anima?....riusciamo ad immaginare solo con la nostra intelligenza il significato della frase...." IO SONO LA VERITA' E LA VIA ...CHI MI SEGUIRA' VIVRA' IN ETERNO..." ? Questo è uno dei misteri di una religione monoteista, quella cristiana, la mia...quella che ho appreso fin da bambino , a casa, a scuola e nella vita di tutti i giorni...e che mi ha aiutato a studiare per la gioia della conoscenza e non già per la scoperta della VERITA' .

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