Le radici filosofiche dello Stato moderno / J.J. Rousseau

Tra le diverse traiettorie che la nuova forma statale ebbe nelle varie tradizioni della filosofia politica moderna prendiamo in considerazione quella che, a nostro avviso, rappresenta l'inizio di una curvatura particolare, che condurrà pian piano verso lo Stato totalitario del novecento. Molto presto, infatti, i cittadini dello Stato moderno assisteranno ad una vera e propria eterogenesi dei fini: quello stesso Stato che era nato con l'intento di salvaguardare la vita e la libertà dell'individuo dinanzi alle guerre civili europee e che poi sarà forgiato nel fuoco della Rivoluzione francese diverrà nel Secolo breve il primo elemento di oppressione degli individui: è lo Stato moderno che diviene totalitario. Se dovessimo individuare il momento in cui il bilanciamento tra individuo e Leviatano iniziò a scomparire a vantaggio del secondo dobbiamo rivolgerci alla Francia del settecento: è qui che, appunto, inizia propriamente a prendere forma la dicotomia Stato-individuo.

Un autore di rilievo in questo processo fu di certo J.J. Rousseau. Nelle sue variegate attività di scrittore e intellettuale, Rousseau assunse alcune questioni già poste da Hobbes, ridiscutendole e riformulandole in una visione complessa di società civile, che fu decisiva per tutto l'illuminismo francese. Di essa ci limitiamo a segnalare, in seguito, alcuni elementi fondamentali per la nostra riflessione. Anzitutto, nonostante le importanti differenze, un primo punto di contatto tra i due fu l'idea che all'origine delle civiltà umane fosse in vigore uno stato di natura, in cui l'uomo si aggirava selvaggio e scriteriato sulla terra, senza famiglie né organizzazioni. Tale prospettiva, ovviamente, non era tanto temporale - nel senso che ci furono degli anni in cui essa si realizzò - ma piuttosto genealogica: era il naturale presupposto filosofico alla creazione di una forma di vita associata. A differenza di Hobbes, tuttavia, per Rousseau questa condizione originaria era pura e felice: i problemi si palesarono difatti quando l'uomo costituì la società entrando in rapporto l'uno con l'altro, organizzando il lavoro, vivendo insieme; ma il vero atto fondativo – e dunque l'inizio della corruzione – fu quando l'uomo delimitò un campo proprio, una proprietà privata. A differenza di Hobbes, dunque, il male da curare non risiedeva nello stato di natura, ma nella società; e a sua volta, tale società malata era stata inaugurata dall'individualismo e dalla proprietà privata. Si è così compiuto un passo ulteriore rispetto ad Hobbes, che avrebbe determinato uno squilibro tra individuo e Stato: ora è necessario negare il soggetto e abbracciare il collettivo; ma il collettivo, a sua volta, era identificabile tout court con lo Stato.

Uno Stato che funzioni, indica Rousseau, non tollera l'individualismo e tutto deve essere riportato alla dimensione statale, anche la morale: l'unica religione ammessa sarà quella dello Stato (l'ateismo); l'unica morale sarà invece quella dello Stato. Con Rousseau nasce lo Stato etico. A tale analisi era da aggiungere un secondo elemento: la volontà generale. Lo Stato etico non sarebbe dunque una costruzione umana contro natura, come lo era invece la società contemporanea di Rousseau; ma, per così dire, lo Stato etico sarebbe una disposizione di natura. L'idea è che ogni uomo in fondo sa e conosce ciò che è buono per il collettivo e per questo non deve far altro che abdicare alla volontà individuale e tener fede alla volontà generale, che è in lui. Ma a tal fine è appunto necessario abdicare ad ogni possibile desiderio individuale, ad ogni aspettativa di dire "io", così da far emergere soltanto al volontà generale. Essa, ripete Rousseau, è presente di noi perché il collettivo è lo stato di natura. Con Rousseau inizia pertanto ad acuirsi il contrasto tra l'individuo e lo Stato: dato che tu sai qual'è la volontà generale ma, liberamente, preferisci la tua volontà individuale, tale scelta "egoistica" fa di te una persona malvagia. Rispetto ad Hobbes - dove decidere di entrare nello Stato era una scelta contrattuale - Rousseau aggiunge un'aggravante morale: se non stai nello Stato è perché non vuoi ascoltare la volontà generale che è in te. La forma politica migliore per tale impostazione filosofica sarà dunque una Repubblica democratica che tuttavia nella mediazione assoluta dello Stato avrebbe dovuto realizzare la volontà generale del popolo. Malgrado le intenzioni di Rousseau, essa si tradurrà invece in forme politiche centraliste (l'esperienza Napoleonica) e aprirà la strada alla riflessione di Karl Marx e al Socialismo Europeo.



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